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domenica 27 novembre 2011

Wait! What?!?

Alla fine l'ho fatto. Sono giunta al capolinea. Sono arrivata.
All'ultimo lido alla quale potevo approdare, sono approdata.



Un po' mi spiace, perché mi trovavo bene qui, ma non sono riuscita a crearmi una galleria delle mie foto e quindi... ho importato tutto questo blogghino de là.


Ho sudato 20 camicie, perché io wordpress non l'ho mai capito, ma ho fatto tutto da sola. Ora dovrò riprendermi un attimo da questo enorme sforzo, 'che mi pesa il culo, e sistemare ancora qualche cazzillo, tipo come cazzo si impostano i feed?!? Ora lo scopro, don't worry. E poi posso tornare a postare.
Fingerò di avere un calendario editoriale.
Fingerò di avere qualcosa di serio da dire.
Rimarrò sempre la stessa, ma con un bel vestito nuoverrimo. E speriamo che a sto giro i lurker si palesino. :)

Ci si rilegge di là, darling.

lunedì 21 novembre 2011

Attraverso lo specchio

via web

Non so a voi, miei amici lurker, ma a me capita sovente di dire: "Se non faccio 'x' non riuscirò più a guardarmi allo specchio". E per un po' devo dire che funziona. Davvero. Poi manca un passo alla meta e... zac. Mi faccio prendere dal terrore di non riuscire e posticipo. E posticipo. E posticipo. E posticipo...
E dove mi ha portato tutto ciò? A rallentare notevolmente la mia vita per vigliaccheria.
Beh, se l'affermazione iniziale fosse veramente sentita, a quest'ora altro che non riuscire più a guardarmi allo specchio... eppure allo specchio mi guardo, e mi ci guardo e mi ci rimiro. Anche troppo.

E' che alla fine troviamo sempre il modo di convivere con quella faccia da culo che ci osserva di rimando dallo specchio. Ma è un convivenza fasulla, a tratti ipocrita: è che siamo molto molto fantasiosi nel trovare nuovi modi per punirci inconsciamente.

domenica 13 novembre 2011

L'eterno ritorno dell'uguale

Io vado pazza per Tiffany, specialmente in quei giorni 
in cui mi prendono le paturnie.
Holly (Colazione da Tiffany)

via web

Dopo una giornata incominciata alla grande (insomma apro gli occhi ed è il primo giorno post Silvio, la mamma viene a svegliarmi per la prima volta in ventitré anni con la colazione a letto) e proseguita in maniera divertente e idiota (spero che non abbiate visto su tumblr) beh, già dal tardo pomeriggio, ha subito un brusco scivolone. 
E vuuuuupsss... 
Ecco che arrivano le paturnie. Sono proprio quelle stronze che quando ti senti Wonder Woman, quando ti senti la Donna Bionica, quando senti che niente potrà mai scalfirti... ZAC! Ti ricordano quello che sei: non hai la super forza, non hai una corazza di metallo, gioia mia; sei semplicemente una donna. Ti piacerebbe credere di essere superiore alle problematiche che riscontrano gli uomini nel comprenderci, ti piacerebbe poter affermare orgogliosa "io sono un essere semplice". Già, ti piacerebbe. Beh, scordatelo, mia cara! E probabilmente sei quella con più fisime di tutte.

Io odio le paturnie. Non hanno alcuna logica, non sono razionali e non mi piacciono. Proprio per niente. Sono stupide, incontrollabili, imprevedibili e... SI', LO SO! Mi sta arrivando il ciclo! Ormoni. Vi odio.


sabato 12 novembre 2011

Il cielo sopra Berlino


Per quanto me lo ricordi io il cielo sopra Berlino è sempre grigio; ma, in ogni caso, Berlino rappresenta il mio personalissimo paradiso in terra.
Esagerata! Ci sei stata solo 4 giorni.
Forse. Ma per me lo è stato davvero. E' il MIO posto. Il posto dove mi sentirò sempre a casa.
Giuro, in quei quattro giorni ho sofferto come un cane, portandomi sul groppone gli strascichi di una delle influenze più pesanti che abbia mai avuto e non ho mangiato quasi nulla, eppure Berlino mi ha accolta e coccolata con le sue luci e i suoi giochi di colore. Nonostante i tre quarti della popolazione si ostini a non parlare inglese, i quartieri turchi abbondino di club notturni per soli uomini, il cielo quasi sempre perennemente grigio e gli orsi enormi che ti osservano in maniera sinistra mentre cammini per strada, quando scatta il buio è la cosa più bella che voi possiate immaginare. Tutto s'illumina e diventa magico. Il Sony Center, Alexander Platz, Postdammer Platz, gli Hackesche Höfe, l'Alte Nationalgalerie, il profumo della notte... Dev'essere stato proprio allora che ho deciso che avrei catturato, che avrei impresso tutti i colori del mondo nelle mie fotografia.

Ho una nostalgia tremenda di Berlino, come se fosse il mio grande amore e fosse costretto lontano da me, come se non potessi toccarlo, né abbracciarlo. Come se un giorno, quando tutto va in merda, ti ritrovassi per magia nel posto perfetto, nel tuo posto, nel posto che ti salverà l'esistenza. E Lei è proprio questo: il luogo che mi ha restituito la voglia di scoprire quanto ancora è bello il mondo.

Prima di morire una cosa sola voglio fare. Tornare a Berlino e fotografare ogni suo angolo.

domenica 6 novembre 2011

Dopo la festa...


Photo by me.

Quando esco il venerdì o il sabato sera, mi piace essere automunita oppure andare a piedi. 
Dopo una serata in compagnia ho voglia di camminare o guidare da sola nella notte.
Quindi non chiedetemi se voglio un passaggio (a meno che non siate il mio partner e che ciò preluda un lungo limone* sotto casa) perché vi risponderò di no; non ditemi ti passo a prendere a casa (idem come sopra) perché vi risponderò di no.
Lasciate che la mia immaginazione corra, lasciatemi assaporare il profumo della notte.

*ah, e comunque a proposito di limoni: click.

giovedì 3 novembre 2011

Azzurro



Vorrei ricordare il cielo azzurro, 
proprio oggi che di azzurro ci sono solo i suoi occhi.

mercoledì 26 ottobre 2011

La Grande fuga

Vi ricordate di Barabba? Ha promosso un'altra iniziativa delle sue: Occupy Barabba. Sostanzialmente fino a venerdì pomeriggio raccoglie racconti dei barabbisti e li pubblica sul blog. E' perché noi barabbisti abbiamo bisogno di essere stimolati se no ci assopiamo, ma quando chiama il Many. Hop. Rispondiamo prontissimi.
Riporto il mio. Ma andateveli a leggere tutti. Sono stupendi.


LA GRANDE FUGA

E se ti dicessi che da grande vorrei essere come te? 
E se ti dicessi che i tuoi racconti della terra estera sono una boccata d'aria fresca e di speranza in questo paese del cazzo?
E se mi nascondessi nella tua valigia e mi imbarcassi con te?
E se ti dicessi che vorrei tanto specchiarmi un altro po' nei tuoi profondi occhi inespressivi? Solo un pochino, un altro pochino.
E se ti dicessi che “non voglio addormentarmi 'che poi viene il mattino" ?
Ma il mattino arriva lo stesso. Al posto dei tuoi occhi lo specchio. Prima la laurea non posso ancora partire. La speranza deve nascere da dentro. E... sì, nonostante tutto, continuo a voler essere come te da grande.
E poi tu voli via.
E io fingo che “a me tutto questo schifo non interessa. Tanto me ne andrò da questo paese del cazzo". Invece resto qui ancora un giorno, un altro, un altro ancora. 
Ma io preparo la grande fuga, che vi credete voi?
E' solo che c'è sempre qualcos'altro da mettere in valigia, qualcosa di importante da imparare prima, qualcosa senza la quale non sarò mai pronta per partire.
E' solo che sono di quei preparativi che non finiranno mai.

Io credo e spero in un finale diverso per me stessa. Ma insomma, difficile è difficile. Inutile negarlo.

martedì 25 ottobre 2011

Probabilmente no.


Probabilmente non riuscirai mai a renderti conto del regalo immenso che mi hai fatto stanotte raccontandoti così.

domenica 23 ottobre 2011

Il segreto




Il segreto per riuscire è la concentrazione, il focus.
Focalizzarsi su un obiettivo e portarlo avanti fino in fondo.

E fin qui non sembra difficile, giusto? Sbagliato.
La fase del focus è tra le più complesse. Per voi non so, per me di sicuro, perché io sono una persona eclettica.
E il problema quando si è eclettici è uno solo, un solo gigantesco problema: si salta di palo in frasca come le cavallette. Così facendo, le energie vengono spese in un sacco di attività diverse e non si riesce a concentrarsi su nulla di preciso. Si è in grado di fare tutto, ma niente in maniera eccellente.

E -lasciate che ve lo dica - è una vera merda.


lunedì 17 ottobre 2011

In and Out

Pare che i blog personali non vadano più di moda.



Ricordo quando cominciai, nel 2006 se non sbaglio.
Ero su Splinder e c'era una bella combricola: mi divertivo da matti. Avevo 16-17 anni, ma non mi ricordo esattamente perché cominciai. All'epoca non avevo nemmeno una connessione internet tutta mia e dovevo andare nello studio di papà e scroccargli il cavo ethernet quando era a lavoro. E forse fu per quello, che quando cominciai a usare msn, perché il mio fidanzatino era dall'altro capo dell'Italia (e i presupposti mostrano molto esplicitamente il mio futuro attuale da single cronica), rimasi estremamente affascinata da un sito trovato per caso, che solo dopo scoprii che si chiamava BLOG. Figata! Mio.
Avevo 16-17 anni. Era il blog di un'adolescente, cosa volete che ci scrivessi? Lamentele, cose tanto tristi, nessuno mi capisce e bla bla bla... dite che non è cambiato? Ma no, dai. Per lo meno la forma si è evoluta.

Ad ogni modo, pare che ora come ora i blog/diario non vadano più di moda, mentre quelli tecnici, quelli How It's Made continuano imperterriti a fare proseliti. Io in primis: non potrei vivere senza. Ma la ragione è presto detta. Che senso ha sbattersi ed elaborare un pensiero coerente in un tot. di frasi di senso compiuto, con tanto di congiunzioni e subordinate quando ci sono i social network che fungono da diario personale in molte molte meno parole e molta molta meno fatica?
Di conseguenza l'interesse per questo tipo di blog è venuto meno, tanto che ora qui sento l'eco: mi sembra di parlare da sola. Qualcuno mi ascolta, ma nessuno parla. Ma vi voglio ringraziare, perché non c'è sicuro il rischio di montarsi la testa. Sarò sempre la stessa ragazza del Bronx. Yò!

E allora cosa succede? Come funziona? Vedo e sento di consigli per diventare youtuber primariamente, ma sempre validi anche per i blog e dicono più o meno le stesse cose: mettetevi in gioco e mostrate al mondo la vostra passione, quello che sapete fare meglio, siate creativi, divertitevi, ingegnatevi.
Consiglio che dice tutto e niente, imho.
E' che devi quasi essere un esperto di marketing per destreggiarti. Flickr, Twitter, Tumblr, Facebook, LinkedIn... prendo una laurea e torno. Ok?
Davvero, pur passandoci tanto tempo non li so usare per davvero, in maniera utile intendo. Le dinamiche socio-tecnologiche vanno conosciute per un loro utilizzo finalizzato a.

Poi capito per caso su questo articolo di Girl Geek Life (che, tVa paVentesi, adoVo), che mi parla di calendario editoriale. Calendario editoriale?!? Per un blog?!? Io poi, che mi piscio addosso, come i cani che si emozionano, quando sento questi termini (sono malata di terminologia imprenditoriale, non so che dirvi),  penso: non ci avevo mai pensato, ma che figata!
E poi lo stallo.
E mò?!? Di che parlo?!?
Perché voglio un blog?
A che mi serve? Mi serve?
Perché voglio che la gente mi legga?
Diventerà un lavoro a tempo pieno non retribuito, lo so già...

E quindi sono ancora qui a sentire l'eco della mia voce. E' come essere su in montagna senza esserci davvero. Fico, eh?

UPDATE:
- Ho trovato questo post sul blog di Marco Freccero, che parla di blog. Bello e condivisibile. Lo so, tra il dire e in fare c'è di mezzo il mare, ma intanto cominciare a capire un paio di concetti chiave non è male.

mercoledì 12 ottobre 2011

Qual è il momento della giornata che preferisci?

Quello in cui cominciano ad accendersi i lampioni e il sole è dietro le montagne, ma riesce ancora a illuminare tutto con la sua forza. Quello in cui tutto sembra attenuarsi, le luci, i suoni, i colori e i profumi.




E' quello il momento in cui mi sento libera.

domenica 9 ottobre 2011

L'attesa, la vita, il ricordo.

L'attesa. 
L'attesa di entrare in scena. L'attesa di calcare quel palco e farlo tuo.
E ogni volta la domanda torna a tormentarti: "Ma perché?" Ed è precisamente la domanda che ti perseguiterà sempre come in un eterno ritorno in ogni ambito della vita. Già, PERCHE'? 
Perché proprio io? 
Perché non posso essere una di quelle persone che spensierate se ne vanno a fare lunghe corse in bicicletta nei campi? 
Perché devo stare qui con le budella che si contorcono a cercare di sciogliere la lingua impastata per l'ansia?
Perché devo sentirmi in bilico sul ciglio della mia sanità mentale ogni volta? Farcela o non farcela: questo è il dilemma. 
E poi niente... in un attimo di lucidità, ti ricordi alcune cose fondamentali: che tu in fondo non ci vai mai in bicicletta; che se bevi e fai gli esercizi la lingua si scioglie; e che il dilemma non esiste perché l'unica cosa che ti è concesso fare, quando ormai sei lì, dietro le quinte, con il sipario chiuso e il brusio del pubblico che comincia a prendere posto, è andare avanti: la marcia indietro non esiste, non è contemplata nel piano. E tu lo sai. L'unica cosa da fare è respirare profondamente con il diaframma, cercando di non andare in iperventilazione, e ricordarsi che quelle persone, dietro al sipario lì con te, che ti hanno accompagnata fino adesso, hanno le tue medesime priorità: non fallire. E l'unico metodo per esorcizzare la paura è un grande e intenso abbraccio di gruppo: siamo lì per sostenerci a vicenda qualsiasi cosa accada.
E allora perché?
Beh, perché affettuosamente amo definirci degli egocentrici del cazzo, che non si permettono di esserlo nella vita reale ma che sublimano - direbbe Freud - in questa maniera sublime. E scusate il gioco di parole.
Il teatro siamo noi, il teatro è la stessa aria che respiriamo, il teatro è la vita. Avete mai fatto caso a come il teatro si presti a moltissime similitudini con la vita reale? Io sì, ed è una cosa incredibilmente impressionante.

E poi il sipario si apre. Silenzio. Attesa. Luci in faccia. E parti come se non avessi fatto altro in vita tua. Risate. Applausi a scena aperta. Risate. Tardone che commentano gli uomini in scena. Ancora risate. Ultima scena. Già?!? Non è possibile. Monologo finale. Inchino. Applausi. The courtains fall

Vorrei avere delle piccole scatoline per contenere le emozioni che provo ogni volta: non dimenticarle mai, tenerle lì e riguardarmele di tanto in tanto, nasconderle dalla corruzione inesorabile delle cose, tenerle vive sempre.
E invece ora sono passate precisamente 24 ore e a me sembra sia passato un mese intero. Ma non credo dimenticherò mai l'emozione di aver ricevuto in prima persona un applauso a scena aperta. 

Vi voglio bene ragazzi.
Spacchiamo di brutto.


Backstage.

lunedì 3 ottobre 2011

Just a man... a successful man #2

Come preannunciato eoni fa, volevo parlarvi del signor Honda tornando così a raccontare storie di uomini che ora, grazie al loro grande successo, sono stati mitizzati, ma che in fondo sono uomini come tutti. Allora cosa li rende così diversi?

Una delle storie storie di persone di grande successo che preferisco è quella di Soichiro Honda, fondatore della società che porta il suo nome. Come tutte le aziende, non importa quanto grandi, la Honda Corporation è iniziata con una decisione e un forte desiderio di produrre un risultato.
Nel 1938, quando andava ancora a scuola, Soichiro Honda prese tutto quello che possedeva e lo investì in un piccolo laboratorio dove cominciò a elaborare una sua idea di anello elastico. Voleva vendere la sua opera alla Toyota Corporation, perciò lavorava giorno e notte,  immerso nel grasso fino ai gomiti, dormendo in officina, sempre convinto di poter raggiungere un risultato. Per restare in affari impegnò perfino i gioielli della moglie. Ma quando finalmente riuscì a fabbricare i suoi anelli elastici e li offrì alla Toyota, gli dissero che non si adattavano agli standar dell'azienda. Dovette perciò tornare a scuola, dove gli toccò sopportare le risate ironiche degli insegnanti e dei compagni quando parlavano dei suoi assurdi progetti.
Ma, invece di soffermarsi sul lato spiacevole di quell'esperienza, Honda decise di continuare a concentrarsi sul suo obiettivo. E infine, dopo altri due anni, la Toyota offrì a Soichiro Honda il contratto che lui sognava. La sua passione e la sua costanza erano state premiate perché Honda sapeva quello che voleva, aveva agito, aveva notato che cosa non funzionava e aveva continuato a cambiare approccio, finché non aveva avuto quello che voleva. A questo punto, però, dovette affrontare un altro problema.

mercoledì 28 settembre 2011

Delirio

Questi sono i peggiori postumi da sbornia senza sbornia della storia.

martedì 27 settembre 2011

Say goodbye

Dire addio è sempre difficile.
Ci si aggrappa ai ricordi e alle sensazioni come se non ci fosse un domani; mentre un domani c'è eccome. Aspetta dietro l'angolo. E in fondo non è così traumatico quando la possibilità di tornare sui propri passi permane. E' il farsi terra bruciata dietro che terrorizza.

Oggi ho fatto un po' di terra bruciata anche io.

Dire addio a quella casa dove abbiamo passato un'estate intera a guardare il cielo a testa in giù sul letto, con il fumo delle tue sigarette che faceva ghirigori fantasiosi nell'aria, parlando di futuro, di cazzate, di filosofia, delle tue donne, dei tuoi casini, dei miei casini, facendo anche sana "ginnastica"...


Dire addio alla Torino come l'ho conosciuta con te. Che ce la siamo girata a piedi in lungo e in largo seguendo i nostri itinerari abitudinari da vecchietti, ma solo noi sappiamo quanto era bella. Cena alla Reginella, dopocena da Giancarlo e post dopocena in Piazza San Carlo seduti sulle panchine a rimirare i cartelloni di pubblicità balneari che ricoprivano il Caval ëd Brons in ristrutturazione e a immaginare di essere lì. Certo tu eri brillo e ti riusciva molto meglio che a me. E le domeniche pomeriggio in Piazza Carlo Aberto sdraiati sulle panchine a rimirare Palazzo Carignano delimitato dal cielo azzurro, tutto questo parlando di matematica. Perché? Perché proprio la matematica? Me lo domanderò sempre.

Dire addio addio alla me di allora, così piccola e indifesa. Dire addio al te di allora sempre a lamentarsi dei radical chic, che mi ha sempre protetta quando ha potuto, anche se alla fine ero io che avrei voluto proteggerti da tutti i mali del mondo, e che mi ha capita meglio di me e mi ha indirizzata nella giusta direzione. Due anime spaesate e in balia delle onde.

Dire addio al MicioKernel che non ho salutato :( "Ciao MicioKernel :*"

Dire addio alla possibilità di concretizzare i ricordi una volta ancora.
Ma sono sicura che un giorno ci rivedremo.
Ti voglio bene, davvero.



P.S. E comunque il connubio Grey's Anatomy - mail strappalacrime di suddetto caro amico in partenza, non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Devasto.

martedì 20 settembre 2011

Scoprire l'acqua calda, e scoprirla sporca.

Caro Comune,
ho il voltastomaco. E non è l'influenza intestinale che gira. No, sei proprio tu.
Tu che parli di integrazione nelle scuole, parli di supporto scolastico, pubblicità progresso e quant'altro e poi tagli qualsiasi tipo di fondo alle cooperative che operano nelle scuole e che si occupano di supportare i bambini diversamente abili. Tu che hai optato per tagliare proprio nei posti tattici in cui i bambini non possono lamentarsi perché hanno disabilità così gravi che, oggettivamente, non sono in grado di lamentarsi.
Sì, perché chiaramente i bambini con disabilità molto gravi non servono, non hanno alcun utilità nella società e quindi perché fargli fare attività alternativa, che tanto non gli porterà giovamento alcuno, mandiamo un cantierista già stipendiato dal comune che lo fissi tutto il giorno senza saper minimamente dove mettere le mani.

Non ho nulla contro i cantieristi sia chiaro (e per cantierista intendo, giardinieri, muratori e factotum comunali che di inverno magari non lavorano molto), ma sono disgustata dall'idea che sta alla base di questa manovra. I bambini con disabilità molto gravi non si possono lamentare e basta che ci sia qualcuno che li parcheggi in un angolo e controlli che non si facciano male. Punto. Alcuni di questi bambini hanno il pannolino da cambiare, hanno la mensa in cui mangiare e vi garantisco che non sono operazioni semplici, soprattutto la seconda. Questa è una politica disumanizzante e a me francamente fa veramente schifo. E non solo, in questo modo viene tolto il lavoro a persone che erano specializzati nel trattare con questi bambini e che ora si ritrovano a spasso, o comunque con un monte ore ridotto all'osso. (Sì, io pure ora sono a spasso, ma io non vivevo di quello e non è questo il punto).

Non sto raccontando nulla di nuovo, lo so. I tagli alle scuole e all'istruzione sono impietosi e ormai pare che più che l'eccezione sia diventata la norma, ma ciò non toglie che io provi vero e proprio disgusto.

Piccola nota positiva. Grazie al cielo non parlo del mio piccolo comune che ci ha graziato. Abbiamo avuto la fortuna, nonostante siano stati effettuati tagli ovunque, di essere stati risparmiati e di poter ancora usufruire di educatori nelle scuole e del servizio di navetta della CRI: "Io posso disporre dei fondi che mi dà il comune e io su questi bambini non taglierò mai." ci ha detto l'assistente sociale del nostro comune quando siamo andati a chiedere.

E allora una considerazione mi sorge spontanea: e cioè che è solo una questione di scelta delle priorità e di volontà. E allora, caro il mio Comune, le tue priorità dove stanno?

sabato 17 settembre 2011

Da grande

io voglio avere una casa senza mobili per poter avere tutte le pareti libere e poterle riempire di quadri e fotografie. 


Ah… mi dicono che si chiama galleria d’arte.
Ecco quella

venerdì 16 settembre 2011

Pericolo pubblico

Sarà più o meno un triliardo di anni che non scrivo su questo angolino, ho fatto cose, visto gente, sono stata incastrata per la promozione del corso di teatro che ho concluso l'anno scorso, camera mia è un bordello e quando ho immaginato questo post era molto più bello.

Comunque, il mio settembre è cominciato a pieno ritmo e all'insegna delle novità, ma anche dei conti in sospeso. E chiaramente ben vengano le novità, ma per quanto riguarda le questioni in sospeso: niente di personale, ma vi odio. O mi sto sul cazzo io per non averle ancora portate a termine. Sono indecisa.
Continuano a dirmi di non preoccuparmi che non è grave, che mi sono messa anche a lavorare, è normale metterci di più; che nessuno finisce l'università nei tre anni prestabiliti, tranne i secchioni...
Cazzate. Tutte scuse. E io non ne voglio. Non ne ho bisogno. Che faccio? Comincio pure a mentire a me stessa? Non è che mi sono proprio ammazzata di lavoro: ammazzarsi di studio è decisamente un'altra cosa. E poi mi sono tirata indietro troppe volte e adesso pago pegno. Sto lavorando per rimettere i cocci a posto. Piano piano.

Ma cosa ci volete fare, la filosofia, per quanto meravigliosa e affascinante, è NOIOSA. I saggi – nonostante li adori e ne possieda un numero spropositato – non fanno per me. Davvero, c'è poco da fare.
Prendete un saggio. 
Titolo: accattivante. Descrizione: figata pazzesca. Prime cinque pagine e siete lì tutti entusiasti e convinti che vi svelerà un nuovo orizzonte degli eventi e che darà un nuovo senso alle vostre convinzioni. Dieci pagine: adesso me lo dice, ne sono sicura, ci siamo quasi. Venti pagine: Dai Dai Dai. Trenta pagine e stai già ronfando della grossa con la bollicina che ti esce dal naso. Perché è così.
Ma non vi preoccupate. Non è colpa vostra. E' fisiologico.



Ed è ancora peggio quando – come me – si ha un disturbo ossessivo compulsivo (che sto sviluppando altresì per le scarpe. Ommioddio qualcuno mi salvi!) e si possiede un'arma ad alto rischio: un bancomat.
Io ultimamente evito accuratamente le librerie. O per lo meno ci provo. Soffro di un disturbo molto grave, lo ammetto: compro libri che ormai so che non leggerò mai. E armata di bancomat sono un pericolo, sia pubblico sia non.

Attendendo che i ricercatori trovino una cura per questo disturbo compulsivo, mi tocca rimanere qui, il più lontano possibile da una libreria e riassemblare i cocci dei miei sbagli passati.


lunedì 15 agosto 2011

Frammenti #1

Quando ero piccina, ricordo che io, mio fratello e la mia mamma andavamo al mare, e mio papà, che non era ancora in ferie, ci raggiungeva per il fine settimana. 
Tutti i venerdì, dopo il lavoro, si faceva due ore e mezza di viaggio per venire al mare da noi. Ricordo benissimo il clima di attesa spasmodica che si respirava nell'aria il venerdì pomeriggio. Nemmeno in spiaggia scendevamo. Io in particolare mi sedevo a terra sul terrazzo, con le mani che afferravano la ringhiera e la testolina incuneata tra le sbarre, che sobbalzavo ogni volta che una macchina si profilava giù in fondo alla strada.
Ricordo perfettamente il tipico clang clang che facevano le autovetture che risalivano la collina, era il clang clang della grata posta sulla strada che tutte erano costrette a passare. Me lo ricordo, perché è il medesimo che sento ora. Clang clang...

Poi, capitava che il clang clang fosse proprio quello della macchina di papà, e io, come una piccola vedetta, urlavo e chiamavo mamma: "E' arrivato! E' arrivato!" Ed ero felice davvero.


Poi, non si sa perché, le cose cambiano. Sì cresce e i rapporti diventano più difficoltosi, più faticosi. E alla fine si decide di non averne più, e ci siaccorge di vivere sotto lo stesso tetto, ma di aver esaurito ogni dialogo. E a volte mi chiedo dove è finita quella bambina in spasmodica attesa del suo papà e dov'è finito quel papà che tornava ogni volta a casa (qualsiasi essa fosse). Forse è invecchiato o sono io a non riiuscire più a riconoscere la sua macchina  dopo il clang clang

Se doveste incontrarla quella bambina, datele un buffetto da parte mia e ditele di tornare a casa che io l'aspetto. 



domenica 24 luglio 2011

Cicatrici.

Ma io non ve l'ho detto. Sono imperdonabile.

Lo sapete che esiste una casa editrice inesistente che pubblica libri gratis? Pensa te che matti. E lo sapete che recentemente ne ha pubblicato uno?

Picture by Tostoini.

si intitola. 
Abbiamo letteralmente sanguinato per scriverlo.

Le cicatrici che state per leggere, se le leggete, se ne avete voglia, sono storie. E ogni storia, a modo suo, una volta sentita, o letta, rimane impressa. Dentro di noi, si cicatrizza.

E lo sapete che all'interno c'è il racconto di una mia cicatrice?

Beh? Che aspettate a scaricarlo? E' l'e-book dell'estate. Lascerà il segno.


sabato 16 luglio 2011

La signorilità, per dire...

C'è una cosa che di me sanno solo pochi intimi (e tutto il paese dove vivo, ma solo perché è un paese piccino e si chiacchiera tanto). Puoi dire di essere entrato in un grado estremamente alto di confidenza con me solo dopo aver scoperto questa cosa che non è strettamente legata alla mia persona, ma fa parte di me. Non lo faccio per cattiveria o per vergogna o per testare le persone che vogliono avvicinarmisi. No, lo faccio solo perché lo ritengo così normale da non essere necessario parlarne, lo faccio anche perché non voglio fare pena a nessuno. Quindi se non c'è un motivo particolare non dico niente. Molti ci marcerebbero su (l'autocommiserazione va così di moda...), e invece dubito perfino che molti miei professori del liceo lo sapessero, tranne la mia professoressa di filosofia, lei sapeva tutto di me. Poteva andare tutto in vacca, ma io non l'ho mai mai mai tirata fuori come scusante.
Però può essere un buon metro per vedere il grado di ristrettezza mentale delle persone: ce ne siamo sentite dire tante. Ma non ci siamo mai nascosti, siamo sempre andati avanti a testa alta e con una signorilità e serenità (per quanto possibile) che molti possono solo sognare senza trovarla mai.
Forse sbaglio a non parlarne: nessuno se lo aspetterebbe mai e a scoprirlo senza preparazione immagino sia solo una doccia gelata e molto imbarazzo. E di questo davvero mi scuso con chi ha fatto l'esperienza, mi rendo conto non deve essere stata molto piacevole.

I tre quarti di quelli che mi conoscono credono che io abbia un solo un fratello. 
Beh, ecco io invece ne ho due, ma suonerebbe poco delicato in una conversazione dire: "Ciao, sono Chiara, ho 23 anni, faccio la filosofa e la fotografa, ho una mamma, un papà, e due fratelli, uno è musicista ed è altissimo, l'altro è piccino, bellissimo e gravemente disabile"

photo by me.

Tutto questo per dire: crepa coglione! che hai detto con faccia stupita "Ma va a scuola?!? E come fa a imparare e a ripetere quello che ha imparato?" Fatti furbo, imbecille.

No, la signorilità, per dire...

martedì 12 luglio 2011

Cantando sotto la doccia.

Troppo facile è cambiare in un luogo nuovo, in mezzo a gente che non ti conosce: indossi una maschera e via. Il gioco è fatto.
La vera sfida è cambiare proprio nel luogo dove sei ora, in mezzo a tutte quelle persone che ti conoscono da una vita e che faranno di tutto per non farti cambiare mai. Perché il cambiamento fa spavento, fa paura. Sì anche quello altrui: in un certo qual modo, veder cambiare le persone intorno è come perdere un pezzetto di sé.

lunedì 4 luglio 2011

Cari Lurkerssss

siete un sacco.
Lo vedo dalle visualizzazioni, non me lo invento, giuro.
Io vi voglio tanto bene, perché se tornate a leggermi significa che quello che scrivo bene o male vi interessa o vi piace, fosse anche solo per amore di gossip. Beh... però se commentaste qualcosina vi vorrei ancora più bene, ecco.

Love.

venerdì 1 luglio 2011

For good

Photo by me.

I've heard it said
That people come into our lives for a reason
Bringing something we must learn
And we are led
To those who help us most to grow
If we let them
And we help them in return
Well, I don't know if I believe that's true
But I know I'm who I am today
Because I knew you

Like a comet pulled from orbit
As it passes a sun
Like a stream that meets a boulder
Halfway through the wood
Who can say if I've been changed for the better?
But because I knew you
I have been changed for good.


Wicked musical - For good

domenica 26 giugno 2011

Un posto per un'idea

Se potessi scegliere chi diventare da grande sceglierei sicuramente l'autore di questa piccola favola. In due pagine è riuscito a parlare di me come non sarei mai riuscita a fare io in due tomi da mille pagine.

Clicca Play

Magari ho scoperto l'acqua calda, ma ultimamente ci sto riflettendo parecchio che tutto panta rei, tutto scorre, ed è tutto come la sabbia tra le dita. Scivola via, come i ricordi. E sì, è una cosa che sappiamo tutti: niente dura per sempre; ma ne avete mai avuta davvero la consapevolezza? Fa male. E accettarlo è un lavoro interiore lungo e difficile. 
Per cui, per chi come me ha ritrovato questa consapevolezza come un pugno in pancia... beh, per loro, buon lavoro.

Sotto la cintura.


  • Premessa: sto lavorando nel reparto telefonia di un grande magazzino. Beh ultimamente è venuto a lavorare da noi un ragazzo che non è solo bello. Di più. L'avevo già notato a marzo. Prima era al reparto fotografia: e già lì non può essere altro che destino. E ricordo di aver pensato. Ecco questo è l'uomo della mia vita. Ma solo da guardare. Insomma avere un ragazzo così dev'essere uno sbattone impressionante e io sono pigra.
Ad ogni modo.
Oggi. Mi sono sciolta i capelli. Non per un motivo particolare: mi andava.
  • Collega Gnocco: Hai i capelli sciolti.
  • io: Eh sì, così pare.
  • Collega Gnocco: Stai bene.

  • Due parole. SBAAAM. A quel punto non capivo più un cazzo. 
  • Un complimento così inaspettato che mi ha lasciata spiazzata. Totalmente.
  • Occhi fissi sul foglio che stavo compilando.
E percependo chiaramente il mio imbarazzo
Collega Gnocco: Guarda che non era un insulto.
io: (ridendo visibilmente fucsia) Sì, lo so. Grazie.

Poi mi fissa con quei suoi due occhi color ghiaccio. 
No, non si può. Io credo che i colleghi eccessivamente belli vadano vietati costituzionalmente. Non si può lavorare così.

giovedì 23 giugno 2011

I'm coming back.

Sto tornando una persona equilibrata. Pian piano, ma ci sto riuscendo.
Certo, mi irrita il fatto che Will abbia sempre ragione, ma che ci posso fare? Ormai lo accetto con una calma quasi serafica.

Già da tempo ho imparato che se fai una domanda non puoi poi dopo aver paura della risposta. Perché se fai una domanda è perché la risposta in fondo la vuoi, bella o brutta che sia, e se dopo te ne lagni, dovresti provare a crescere un po'.
E quindi oggi che ho avuto le mie risposte sono contenta, tranquilla e serena.


Ho recitato la mia parte e forse ho sbagliato qualche tempo tecnico, ma in gergo si dice che comunque vada sarà un successo. E dai che anche questa volta lo è stato, per me stessa e per il mio essermi messa in gioco. Di nuovo.


E, se devo essere sincera, comincia a piacermi questa cosa del manifestare finalmente la mia impulsività repressa. Ci ho messo solo 23 anni a capirlo.
Ma meglio tardi che mai.



mercoledì 22 giugno 2011

Growing up

Anni fa ho piantato nel mio giardino un paio di piantini di Forsizia (che chissà perché io continuo a chiamare Sforsizia), in preda alla delirante convinzione di essere un Hobbit.
Non ci eravamo trasferiti da molto in questa casa e... sì, quella volta ho finto di essere un Hobbit: mi sono seduta per terra e ho cominciato a scavare e scavare. Con le mani, con un pezzo di legno, con un cucchiaio. Ho scavato. Ho tolto tutti i sassi che c’erano man mano che sprofondavo con le mani nel terreno. Mi sono anche rotta un paio di unghie. Non ho idea del perché ci tenessi tanto a quei piantini: non li avevo nemmeno raccolti io. Mi erano arrivati inaspettatamente.
Non mi ero nemmeno preoccupata se fosse la stagione giusta per piantarli. Io scavavo.
Li ho messi nel terreno e li ho ricoperti con della terra buona. Ma nessuno avrebbe mai puntato due centesimi sulla loro sopravvivenza. Tranne io, ovviamente.

A dispetto delle aspettative altrui, la mia piantina è sopravvissuta a inverni rigidi, neve, caldo torrido, grandinate violente, piogge torrenziali, al mio cane, alle pietre nel terreno. A tutto. E’ sopravvissuta a tutto, e ora è cresciuta enormemente: è quasi un albero, è fortissima e ogni primavera mi regala dei fiori stupendi di un giallo bellissimo.

Io ogni tanto la guardo e penso che l’ho piantata io. E ne vado fiera. Perché credo anche che sia la cosa più bella che abbia mai fatto.



Alla prossima primavera le foto con i fiori.

Nature

Come vorrei poter immortalare il boato dei tuoni con la mia macchina fotografica.
Quelli che senti in lontananza, quelli che senti rimbombarti nello stomaco, quelli che ti fanno sentire al sicuro nella tua piccola stanza.

sabato 18 giugno 2011

Real life

Io sono una che non sa bene come relazionarsi con il mondo e sono anche timidina, ma per le cose che reputo importanti ho due coglioni così. Una ragazza con i controcazzi, dice Will.
Sbatto la testa, mi faccio male, mi pento, mi sento fiera per il coraggio dimostrato, piango, rido, sono felice, mi faccio malissimo, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa, sbatto la testa (ad infinitum...). E questo è un fatto.
Perché voglio vivere una vita vera. Mi sono rifugiata troppo a lungo nella mia immaginazione. Io voglio una vita vera.


Will dice che il fatto è che ormai quando so cosa voglio vado diritta per prendermelo, mentre gli altri non lo sanno nemmeno cosa vogliono. E dice che dovrei anche essere felice e orgogliosa di ciò. Ma io penso che sia un po' il prezzo della libertà di cui vi parlavo la volta scorsa.
E a volte la libertà è un po' una palla al piede, se mi è concesso l'ossimoro*.


*vorrei solo farvi notare l'uso del termine ossimoro. Di questo sì che vado molto fiera.

venerdì 17 giugno 2011

Freedom

Per noi che siamo più bravi con le parole inchiostrate che con quelle fluttuanti nell’etere è stato difficile questa sera e probabilmente ti ho privato di qualche ora di sonno che ti serviva, ma io dovevo sapere. Non ho precisamente inteso le tue motivazioni, ma mi hai parlato con il cuore e non posso fare altro che rispettare la tua decisione. Onestà chiama onestà.

L'alternativa era tra il provare ad essere felice vivendo la realtà e l’essere libera*. A quanto pare sarò un’altra volta libera con tutto ciò che ne consegue.
Hai avuto il mio cuore in mano e l’hai cullato. Poi me l’hai restituito dolcemente. Inutile dire che sperassi in un finale diverso. Però grazie per avermelo restituito con il minor numero possibile di ferite.
Potrai dire, potrai scrivere, di aver tenuto un cuore in mano.
Non molti possono dire di aver avuto lo stesso privilegio. E la cosa è reciproca, visti i miei precedenti.

Mi hai tenuta abbracciata per un tempo infinito, ma che sembrava non bastasse mai. Non so se ti sei mai accorto di quanto sono belli i tuoi abbracci. Dico, non so se lo sai!
E se non lo sapevi, adesso lo sai.
Spero di riceverne ancora, perché probabilmente stasera non avrò trovato l’amore, ma credo e spero sul serio di aver trovato un amico.
E in fondo ti voglio già bene :*



Ma se preferisci ti odio, eh.
Buonanotte. E dormi!



*E può sembrare strano trovare i due concetti contrapposti in un'alternativa secca, ma la libertà è una sola e ha un prezzo: ci sono poche cose che puoi fare per essere libero; mentre la felicità non è la medesima per tutti e non sempre una cosa che ti rendeva felice un tempo ti potrà rendere felice in futuro. La felicità è un concetto instabile e forse è per questo che la gente grida a gran voce di essere infelice.

martedì 14 giugno 2011

Rising sun


Io devo smettere di innamorarmi delle idee. Cazzo. Le idee non amano a loro volta. Mai.
Ci sono persone che muoiono per le idee, ma le idee hanno mai contraccambiato? No, non mi pare proprio.
E' che tra idee e persone c'è questo muro ontologico fatto di sogni.
Basterebbe bussare, aprire la porta e chiedere permesso, ma il terrore di sapere chi c'è dall'altra parte, il terrore che dall'altra parte non ci sia una persona che vuole amarti è paralizzante. 
Perché quell'idea è così bella, è così perfetta, è così abbagliante; abbagliante come un sole. E per un po' in effetti è così: è il tuo sole. E il pensiero di tornare di nuovo al buio a leccarti le ferite è orribile, paragonato al suo tepore.
E più è caldo il sole più rischi di bruciarti. E' fisica: il fuoco brucia.

Chissà come sarebbe se mi aprissi e mi invitassi a restare?
Però prima devo bussare.
E' permesso?
Ciao...

Photo by me.